La nostra idea sull’Eden

Per evitare una sala polifunzionale poco funzionale.

In molti probabilmente hanno visto con favore l’intenzione dell’amministrazione di acquisire l’ex Cinema Eden con l’intento di riqualificare l’immobile. L’obiettivo è sicuramente condivisibile.

Ma quali sono le aspettative e le esigenze del paese riguardo alla nuova destinazione funzionale? Di conseguenza quali sono i requisiti irrinunciabili?

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Riflessioni sul Casinò

Tempo fa scrivemmo un paio di articoli sui casinò e il gioco d’azzardo.

Ci si chiedeva se l’apertura di una sala da gioco nel nostro comune fosse una strada percorribile, indipendentemente da posizioni ideologiche contrarie o favorevoli al gioco d’azzardo.

Il 30 settembre è uscita su l’Eco di Bergamo un’intervista a Don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio Pastorale Sociale al quale vengono poste le stesse domande.

Le risposte, oltre a dimostrare uno studio e una conoscenza approfondita del problema e della nostra valle, sono veramente interessanti e spunto di riflessione.


«È il Casinò che serve a San Pellegrino o è la Val Brembana, con la sua fragilità e permeabilità economica, che finirà col servire ciò che ruota attorno a una grande sala da gioco?».

La domanda condensa in sé le riflessioni fatte a 360 gradi, partite dall’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro con alcuni sacerdoti, che tengono insieme valutazioni etiche attorno alla questione del gioco d’azzardo e proseguite con approfondimenti economici, giuridici e sociali relativi alla proposta di apertura di un Casinò a San Pellegrino.

Un lavoro attento, «ma nonostante ciò, molti dubbi sono rimasti – spiegano il direttore don Cristiano Re e i suoi collaboratori – e come tali li vorremmo condividere con i parlamentari che a Roma rappresentano il territorio e le sue istanze, senza la pretesa di dare risposte, ma con la convinzione di porre domande opportune».

Vediamo in seguito quali.

Don Re, partiamo dalla sua domanda provocatoria. Lei parla di una valle fragile.

«La nostra amata valle oggi soffre di molti mali: ritardi infrastrutturali, mancanza di investimenti produttivi, disoccupazione, quindi comprendiamo quanto sia importante non trascurare gli aspetti economici sul terreno. Altrettanto crediamo sia doveroso interrogarsi e valutare quel che accade dentro e fuori le quattro strutture (Campione d’Italia, Sanremo, Venezia e Saint Vincent) già oggi esistenti in Italia. Noi ci abbiamo provato con i nostri strumenti, e il quadro che ne è emerso è davvero infelice».

Quale quadro è emerso?

«I bilanci sono in sofferenza, l’occupazione è in calo, la gestione non eccelle per trasparenza, e rispetto al cosiddetto indotto qualche “effetto collaterale” non trascurabile c’è stato negli anni, anche recenti: piccolo commercio messo sotto pressione, usura, riciclaggio dei proventi del traffico di stupefacenti e prostituzione, tutti regali che la criminalità organizzata si porta in dote sfamando i propri appetiti attorno al business del gioco d’azzardo quale grande strumento di “lavaggio” di denaro. È evidente che generalizzare aprioristicamente non serve, ma è altrettanto chiaro che non si può restare indifferenti davanti alle relazioni della Procura nazionale Antimafia. È impensabile non considerare questo profilo con responsabilità, i rischi vanno ponderati, magari illustrando pubblicamente numeri, tempi e valutazioni logistiche».

Torniamo in valle: come viene percepita dalla gente l’ipotesi della riapertura del Casinò?

«In valle la gente si chiede dove verrebbe collocata la sala da gioco: nel Grand Hotel o altrove? Alla fine qual è il progetto d’insieme? Riempire un immobile storico di gran fascino o dare una nuova speranza a tutta la valle portandola oltre le discussioni sul monumento di Arlecchino o i ticket per la raccolta dei funghi? Non sta a noi ovviamente dare queste risposte, a noi però sta a cuore l’ansia della gente verso il futuro e le aspettative alte che si stanno generando: quali sono le reali prospettive di occupazione locale? Quali clienti richiamerebbe? Insomma, quale domanda turistica verrebbe attivata? Rispondervi oggi permetterebbe di definire e programmare per tempo un’offerta (anche formativa) adeguata».

Queste domande qualcuno comincia a porsele?

«A volte ci pare che il dibattito scivoli su altro generando equivoci che confondono i cittadini, ad esempio inducendo a credere che esista un gioco sicuro e controllato dentro le mura di una grande sala da gioco (quindi buono) e un gioco pericoloso, da avversare (quindi cattivo) perché sparso qua e là sul territorio».

Infatti in passato più persone (anche politici) hanno sostenuto pubblicamente che il casinò sia uno strumento utile a contenere l’avanzare della piaga della ludopatia…

«Tesi senza alcun fondamento. Il massimo esperto nazionale del fenomeno dell’azzardo, Maurizio Fiasco, proprio a Bergamo ha spiegato come non vi sia alcun automatismo inversamente proporzionale tra apertura di grandi sale da gioco e spegnimento di macchinette in bar tabaccherie o piccole sale slot, e che anzi tale presenza creerebbe un humus ancor più fertile, un clima favorevole, un abbassamento delle barriere immunitarie collettive verso un fenomeno che invece va combattuto senza quartiere ad ogni livello. Anche psicologicamente».

Psicologicamente ed eticamente.

«È su questo terreno che si gioca la vera partita della Chiesa. Sul piano etico abbiamo il dovere di dire parole ferme e coerenti con il messaggio evangelico: un modello sociale di crescita del benessere basato sull’aleatorietà, sul gioco d’azzardo, non è certo quanto auspicato dalla dottrina sociale della Chiesa e non è compatibile con il perseguimento del Bene comune. Spesso, in nome dell’esaltazione della libertà individuale, si passano scelte che finiscono col mortificarla pesantemente: si deve poter giocare liberamente fino al punto da non essere più liberi di smettere? È proprio il trionfo della “Libertà della dipendenza”, drammatico ossimoro dei nostri tempi…».

Nel 2016 gli italiani hanno «giocato » 95 miliardi di euro, un record.

«Già immaginare cosa potrebbero generare 95 miliardi di euro annui investiti in turismo, beni culturali, tutela del territorio, tecnologia, ricerca, o anche solo in infrastrutture e mobilità, dovrebbe portare immediatamente a un’inversione di rotta. Ma a rendere ancor più grave la deriva verso l’azzardo è la convinzione che lì vi sia una prospettiva di crescita, gratificazione e benessere ottenuti senza fatica, sacrificio, tempo, capacità, intuizione, coraggio. Senza ciò che, invece, è sempre stata la forza del dna bergamasco e brembano».

Eppure per 10 anni, dal 1907, proprio in terra brembana venne aperto il casinò.

«Pensare che siano bastati meno di dieci anni di apertura del Casinò a San Pellegrino a mutare questo dna, a integrarlo, e arrivare per questo a dire che il gioco fa parte del tessuto imprenditoriale e culturale della nostra valle, è certamente una forzatura che non rende giustizia al suo passato. Temiamo, e lo diciamo col cuore in mano, che sia anche un azzardo per il suo futuro».

(da “Eco di Bergamo” del 30 settembre 2017)

 

Il gruppo SorGente

Siamo tutti “professorini”

Proprio così! Noi del Gruppo sorGente, l’appellativo “Gruppo” lo scriviamo sempre con la lettera maiuscola e l’attacco veramente di basso livello al nostro capoGruppo da parte della giunta comunale, per di più attraverso il sito ufficiale del Comune (chiederemo accertamenti), è rivolto a tutti Noi.
Il fatto che si sia sollevata una reazione simile dimostra che abbiamo saputo toccare le corde giuste e che quindi il nostro lavoro sta producendo dei risultati.

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Mail On Sunday e San Pellegrino

Il Mail On Sunday (quotidiano britannico) ha pubblicato un articolo molto critico su San Pellegrino Terme (clicca qui).

L’articolo è stato poi ripreso da l’Eco di Bergamo (clicca qui) ma, cosa ben più grave, visto il numero elevato di visitatori del sito, è stato ripreso anche da Dagospia: brutto e indecente che sia, uno dei siti più letti in italia (clicca qui).

Le immagini contenute nell’articolo sono tratte da un album su Flickr (clicca qui) che però ne contiene anche di bellissime.

Una brutta e disonesta pubblicità al nostro paese! L’Eco viene letto principalmente da bergamaschi, ma Dagospia è uno dei siti più visitati d’Italia.

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